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L'ANIMALE

drssapanerati


L'animale che è in me ha paura di morire. Per questo ha paura di essere abbandonato dal branco. Per questo alimenta le regole del vivere in società, le quali a loro volta aumentano la paura dell'abbandono.


Che poi queste regole cambiano continuamente nel corso della storia. Siamo noi che in base al periodo storico e alla latitudine in cui siamo nati ci illudiamo di essere giusti o sbagliati.


Quello che però accade nella società "moderna" è che consideriamo solo l'animale. In un periodo di decadenza culturale su tutti i fronti l'Uomo ha smesso di "cercare". Nella nostra epoca non conta più nulla il filosofo, il poeta o il prete all'interno della comunità. Abbiamo ridotto la spiegazione a tutti i nostri quesiti a mera trattazione scientifica, intendendo con “scientifica” la spiegazione meccanicistica di ogni fenomeno.

L'avvento della società tecnologica ha poi chiuso definitivamente la porta.


Così tutto il senso della vita è ridotto al semplice appagamento di bisogni fisici. Non c’è niente da cercare oltre la materia e oltre l’esistenza carnale per il motivo che la scienza non può dimostrarne l’esistenza.

Tutto quello che possiedi è la tua vita, il tuo corpo, gli oggetti di cui ti circondi e l’influenza che hai sugli altri.

La morte quindi è diventata tabù.


Ora, siamo sicuri che questa impostazione sia quella giusta? Siamo sicuri che noi siamo solo quell’animale? Voglio rispondere in termini pratici.


Chi di noi in questo momento è felice della sua esistenza? Chi di noi è completamente e pienamente appagato? Probabilmente nessuno.

Direi che c’è un vizio di forma.


Faccio un altro esempio pratico: come potremmo vivere ignorando il nostro senso di fame, ignorando un nostro bisogno primario? Potremmo inventarci che non abbiamo lo stomaco, perché è dentro, non riusciamo a vederlo e per questo non è detto che esista. Potremmo dunque convincerci che non abbiamo bisogno del cibo per sopravvivere ma probabilmente, dopo qualche tempo, moriremmo.


Allo stesso modo, possiamo vivere ignorando il nostro bisogno di entrare in contatto con la realtà ultima, con il sacro, con il divino? Possiamo vivere ignorando il bisogno di dare un senso alle cose, anche alle sofferenze umane? Anche questo è un bisogno primario. E lo dimostra il fatto che l’Uomo, fin dagli albori, ha sentito il bisogno di “adorare il sole” e poi, man mano che la sua coscienza e il suo intelletto andavano sviluppandosi, ha creato religioni, filosofie e culture raffinatissime che hanno prodotto interi corpus di pensieri e di rituali che, in maniera sorprendentemente simile ai vari angoli del mondo e attraversando i millenni, sono giunti fino a noi e ci parlano di archetipi validi ancora oggi.


L’Uomo non è solo animale, solo carne. L’Uomo ha una mente, un intelletto. E questa, insieme all’istinto, lo porta a sentire l’esigenza di fare ragionamenti che vanno dal particolare al generale, fino all’astrazione.


Non possiamo ignorare questo bisogno primario. Sarebbe come ignorare la fame, la sete, le pulsioni sessuali e il sonno.


Se invece chiudiamo la porta a tutto questo si crea una profonda spaccatura nell’animo umano che porta a una profonda sofferenza esistenziale.

Ma soprattutto si chiude la porta al terzo elemento che ci costituisce che è lo Spirito e che si muove attraverso l’intuito.


Non si tratta di chiaroveggenza, intendiamoci. Si tratta di quel modo di percepire la realtà che è immediato e onnicomprensivo. Quello che permette agli artisti di creare la bellezza sublime e che rende tutti noi in grado di fare cose che nessuna macchina e nessuna tecnologia sono in grado di replicare.

Funziona un po’ come il riflesso patellare che il dottore stimola con il martellino sul ginocchio: prima avviene, solo dopo un attimo ne abbiamo la percezione a livello conscio. Ma intanto qualcosa di unico è stato creato…


Sembra strano parlare di queste cose al giorno d’oggi. “Ecco una matta New Age, allontaniamoci”.

Non importa. Chi ha paura pensa ancora con l’animale. In fondo è solo la paura di essere abbandonati dal branco, è giusto così, tutti noi lo facciamo. Chi invece riuscirà a farsi “foglio bianco”, eliminando qualsiasi pregiudizio, potrà partire per questo lungo e meravigliso cammino.


Ci sono molti modi per riaprire questa nostra porta, che si tratti di meditazione, di studio, di ricongiungimento con la Natura o con la bellezza dell’arte…bisogna solo trovare quello più adatto a noi.

Ma una volta aperto questo canale, anche solo un pochino, si ha accesso alla gioia più pura, infinite possibilità si spalancano. E a quel punto niente ci farà più davvero paura.



"Incisione Flammarion", autore e epoca sconosciuti

 
elena panerati
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Ricevo presso:

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