Al giorno d’oggi se dici Donna pensi femminismo. Quel femminismo post-moderno di estrazione neoliberista.
Quello promulgato da certe élite politiche e dalle varie influencer per cui la libertà di una donna consiste unicamente nell’avere la possibilità (cfr. il diritto) di mostrare il proprio corpo nudo senza essere additata (quando in realtà lo scopo è proprio quello di essere additata, possibilmente da molti follower, in modo magari anche da monetizzare, il che è, se vogliamo, il mestiere più antico del mondo, ma probabilmente solo io vedo la contraddizione).
Ecco, le femministe di oggi, vogliono una donna che lavori come un uomo, che agisca e pensi come un uomo, che però si vesta come una donna senza che, nell’uomo, insorgano pensieri osceni che la pongano su un piano di inferiorità biologica quale soggetto passivo dell’azione, anche se, in fondo, sono tali pensieri osceni che nutrono il suo ego e la spingono alla cura ossessiva dell’immagine e alla rappresentazione ideale di sé tramite i selfies più ammiccanti.
Uno dei primi esempi di Selfie
Ma cosa desiderano davvero le donne?
Durante la mia tesi sperimentale conobbi una dottoranda, una ragazza in gamba, molto intelligente, la pupilla del professore. Aveva le capacità, la voglia di fare, l’ambizione. Sarebbe diventata un chimico di primo livello, pronta, chissà, ad “ereditare” il dipartimento.
La rincontrai qualche anno dopo curiosa di capire quale brillante carriera avesse deciso di intraprendere.
Con mia sorpresa mi disse che era tornata nella sua terra natale, si era sposata e aveva avuto un bambino.
E questa era la sua più felice scelta.
Potrei allungare di molto la lista di questo genere di racconti. Conosco tante donne che dopo aver conosciuto le gioie della maternità non hanno più visto nella carriera una prospettiva così allettante. Hanno, in qualche modo, rivisto la loro scala di valori.
Con questo non voglio dire che tutte le donne la pensino così, anzi, ci sono donne a cui mettere su famiglia non interessa per niente ed è giusto che abbiano l’opportunità di costruirsi la vita e la carriera che desiderano.
Dico solo che molte donne intraprendono certi studi e certi percorsi lavorativi perché, in qualche modo, c’è un’aspettativa sociale e/o familiare.
L’istinto alla riproduzione e alla cura del focolare è forse il più antico che abbiamo, e guarda caso anche quello che ci permette di perpetuarci come specie (!)
Sembra però che nella nostra società il culto del lavoro come valore assoluto sia passato al primo posto, tanto che se una donna dice che si è ritirata a fare la mamma viene visto quasi come un fallimento (forse siamo proprio destinati all’estinzione…)
Fortunatamente, se dall’esterno arrivano attacchi continui al nostro naturale essere donna, gli istinti femminili sono ancora vivissimi, e non solo quello della maternità.
Essere femmina significa essere ricettiva, accogliente, morbida, fluida…Lo dice la nostra anatomia e il nostro talento nel saper cogliere le sfumature, nel sapersi adattare alle situazioni più difficili e dirigerle con elegante fermezza al bisogno.
In un mondo che relega invece il nostro intuito a stupide fantasie, che vede la dolcezza e l’arrendevolezza come delle debolezze invece che delle qualità, noi donne abbiamo imparato a nasconderci, a forzarci ad essere ciò che non siamo.
E così ci costruiamo l’immagine della donna in carriera, oppure interpretiamo il personaggio della perfetta moglie-mamma-figlia-lavoratrice che gestisce tutto alla perfezione trascurando completamente i bisogni della propria anima. E a che prezzo? Al prezzo di ogni genere di malessere.
Da quelli più fisici (mal di stomaco che non ci abbandona mai, mal di testa ricorrenti, fibromialgia, malattie autoimmunitarie…) e che tendiamo sempre a imputare a cause esterne, a quelli psicologici (ansia, depressione, insonnia…) che di sicuro ci danno un più esplicito segnale ma che preferiamo sopprimere con gli psicofarmaci perché “non abbiamo tempo per pensare”.
Ma che cosa sono tutti questi disturbi, questi malesseri, questa stanchezza generale?
È l’Anima Femminile che scalpita dentro di noi.
È quella che Clarissa Pinkola Estès ha definito la Donna Selvaggia. Urla dentro di noi, cerca di farsi notare e noi non la ascoltiamo. Allora urla più forte “Ehi! Ci sono anch’io!”, ma niente. Noi continuiamo ad ignorarla, anche perché nessuna madre, nessuna nonna, come accade altrove nel mondo, ci ha insegnato come essere Donna, come coltivare e far fiorire quelle peculiarità che sono soltanto nostre e riversarle sul mondo per creare, distruggere e ancora creare. Nessuno ci ha insegnato come stare tra di noi, al contrario ci facciamo la guerra, ci vomitiamo addosso giudizi, siamo le prime nemiche di noi stesse, quando solo tra di noi si possono condividere quei segreti inconfessabili sulla vita e sulla morte.
Ma come si fa a ricongiungersi alla nostra Anima Femminile, nutrire la nostra Donna Selvaggia?
Prima di tutto dicendo qualche “No”. All’inizio potremmo essere giudicate o giudicarci cattive. Ma come posso io essere d’aiuto a qualcuno se sono in disequilibrio io stessa?
Non si tratta di mollare improvvisamente tutte le nostre responsabilità quotidiane, ma semplicemente di “cambiare sguardo”. E vi assicuro che dopo si fanno le stesse cose di prima ma con divertimento ed energia.
Quindi dobbiamo solo imparare a riconoscere la Donna Selvaggia, a percepirla ogniqualvolta abbiamo un malessere il quale ci comunica una nostra contrarietà a qualcosa, ed assecondarla.
Ricordate che l’Anima Femminile è creativa, di qualunque cosa si tratti. Non bisogna essere delle artiste.
La Donna Selvaggia ha bisogno di stare a contatto con la sua parte creativa, che sia fare decoupage, passeggiare nel bosco, cucinare, leggere un libro, arredare al casa, andare in palestra, appuntare dei pensieri su un diario.
Provate, per una volta, a concedervi un tempo di silenzio assoluto per la vostra attività creativa.
Vedrete che in quel momento niente avrà più peso e proverete una incredibile sensazione di completezza, vi sentirete come se aveste il potere di “maneggiare” qualcosa di estremamente luminoso e magico.
Ecco, con quella sensazione, potete iniziare a creare mondi…